sabato 12 aprile 2008

PECHINO2008: OLIMPIADI,QUANDO SPORT DIVENTA STRUMENTO POLITICO

(AGI/ITALPRESS) - Roma, 12 apr. - Politica e sport, due mondi paralleli che troppo spesso si incrociano. Ai Giochi di Pechino 2008 mancano poco meno di quattro mesi ma le polemiche montano di giorno in giorno. La questione tibetana e il rispetto dei diritti umani ha tormentato in questi giorni il viaggio della torcia olimpica, con gli scontri di Londra e Parigi e le proteste di San Francisco che hanno riportato all’ordine del giorno ipotesi come quella del boicottaggio che sembravano lontane anni luce. Molti capi di Stato e premier hanno deciso o stanno pensando di non presentarsi alla cerimonia d’apertura e da piu’ parti chiedono al Cio di prendere posizione. Ma Jacques Rogge e’ stato chiaro a proposito: “Sono argomenti di natura politica in cui non possiamo entrare, sono temi che rappresentano una linea che non dobbiamo oltrepassare”. Perche’ lo sport e il movimento olimpico non possono sostituirsi ai governi, perche’ lo sport e’ e deve rimanere tale.

Ma i Giochi, vuoi o non vuoi, sono strettamente legati a quello che succede fuori dagli impianti, fuori dai villaggi olimpici. Come dimenticare, nel 1936, le Olimpiadi di Berlino in pieno regime nazista, col documentario girato dalla regista Leni Riefenstahl che nelle intenzioni di Adolf Hitler doveva diventare l’apice di un’opera propagandistica “rovinata” da Jesse Owens, quattro medaglie d’oro e la dimostrazione che i neri non erano una razza inferiore. Vent’anni dopo, a Melbourne, e’ la finale di pallanuoto maschile tra Ungheria e Urss a portare in piscina il conflitto tra i due Stati, impegnati in quella che viene ricordata come la rivoluzione ungherese, repressa poi dall’Armata Rossa che riporto’ il governo magiaro nella sfera d’influenza sovietica.

Se oggi si parla di diritti umani, negli anni Sessanta era la discriminazione razziale a tener banco, con la medaglia d’oro vinta a Roma 1960 che Muhammad Ali’ getto’ in un fiume dopo essere stato rifiutato in un ristorante solo per bianchi a Louisville e l’esclusione del Sudafrica dai Giochi di Tokyo di quattro anni dopo. Ma il culmine, in questo senso, venne raggiunto a Citta’ del Messico, nel 1968, con i due americani di colore Tommie Smith e John Carlos, primo e terzo nei 200 metri, che salgono sul podio a piedi nudi sollevando il pugno alzato e abbassando la testa quando viene sollevata la bandiera americana, gesto ripetuto il giorno dopo da Lee Evans, Larry James e Ron Freeman, ai primi tre posti nei 400 metri, in segno di protesta contro la discriminazione razziale di cui la gente di colore era ancora vittima negli States. (AGI)

Red (Segue)

fonte : http://www.diritto-oggi.it/

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